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CONTROLLO DI GESTIONE: il commercialista e l’analisi delle attività a non valore aggiunto

L’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili come previsto dall’art.2086 c.c. in seno alla riforma sulla crisi d’impresa è legge dal “lontano” 16 marzo del 2019. Un adeguato assetto è tale anche se l’azienda è in grado di ottimizzare i propri costi, soprattutto quelli legati allo spreco di risorse, in particolar modo nei reparti produttivi.

Una delle principali attività a non valore aggiunto è il setup. Il setup o tempo di attrezzaggio è il tempo che intercorre fra la produzione dell’ultimo pezzo conforme del prodotto A ed il primo pezzo conforme del prodotto B. Chiaramente setup lunghi riducono la capacità produttiva disponibile e fanno aumentare i costi dei prodotti; ciò comporta una tendenza a produrre grandi lotti in modo tale da ottimizzare i costi legati ai cambi e la loro incidenza sui costi di prodotto. Di converso però si incrementano le scorte di semilavorati e prodotti finiti, i tempi di attraversamento dei materiali e si riduce la flessibilità di risposta alla domanda del cliente (oltre che incremento dei trasporti, degli spazi e costi annessi).

 

In parole più semplici, più aumenta la dimensione dei lotti di produzione, più il costo del setup si riduce per unità di prodotto ma di converso si assiste all’incremento dei costi di giacenza e movimentazione nonché di spazio occupato. Se puntiamo a ridurre la dimensione del lotto accadrà l’effetto opposto. Esiste una formula che calcola la dimensione ottimale del lotto di produzione (economic order quantity) minimizzando il costo totale, conosciuti i costi di setup ed il costo di mantenimento a giacenza.

EOQ=√((2*D*S)/H)  

Ove:

D= domanda media nell’unità di tempo

H= costo della scorta

S= costo del setup

La dottrina classica sull’operation management porta a calcolare il lotto economico di produzione tramite l’applicazione della formula finalizzata all’individuazione di quella quantità da produrre in corrispondenza della quale il costo unitario totale è più basso. C’è da considerare che, seppur semplice nel complesso, i parametri che compongono la formula non sono di facile rilevazione, inoltre il valore del lotto economico varia da impianto ad impianto e da prodotto a prodotto.

In antitesi con l’approccio occidentale, l’approccio giapponese non punta a calcolare un lotto di produzione interconnesso a dei costi di setup definiti ed in un certo qual modo “da subire”. L’approccio giapponese punta a ridurre sistematicamente proprio i costi di setup, agendo sulla variabile tempo. Tant’è che se il tempo di setup si riduce, a parità di dimensione del lotto, si riduce anche l’incidenza del costo sul prodotto. Contestualmente avendo ridotto i costi di setup, e possibile agire sulla quantità da produrre ottimizzando i costi dovuti a scorte troppo grandi, movimentazioni ecc. il setup in ottica giapponese è visto come un’attività a non valore aggiunto che, seppur inevitabile, dev’essere assolutamente ottimizzata. La tecnica di derivazione lean per ridurre i tempi di setup è lo smed. 

La conoscenza dei principali modelli di ottimizzazione degli sprechi, permette al controller di porre in essere, oltre che le solite analisi legate allo stato di salute dell’azienda, anche le azioni correttive volte al miglioramento dei conti aziendali. Parleremo di molti aspetti legati all’ottimizzazione dei costi di produzione durante il nostro corso “Diventa un Controller”. Per info e date clicca qui

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